Molti tendono ad associare il cervello all’intestino e a definire l’intestino come un secondo cervello, seguendo l’intuizione di Gershon. In effetti a livello rappresentativo l’intestino richiama nelle sue forme il cervello, ma anche dal punto di vista funzionale sono più simili di quanto si possa credere. Il cervello accoglie le informazioni dall’esterno attraverso gli organi di senso, le elabora, trattiene quelle utili e “dimentica” quelle inutili, produce pensieri e parole. Analogamente l’intestino accoglie i cibi tramite lo stomaco, li elabora, trattiene le parti utili e lascia andare quelle di scarto. 

A volte è proprio nell’intestino, oltre che nella testa, che vengono “sentite e vissute” le emozioni, in particolare le paure. Cervello e intestino sono in costante comunicazione, come ha evidenziato Gershon. E’ quindi noto ed evidente che alcune situazioni emotive, uno spavento, una notizia toccante, l’innamoramento, un tradimento, lo stress, si ripercuotono sullo stomaco o sull’intestino e a sua volta quando l’intestino “non funziona bene” anche l’aspetto emotivo/mentale ne risente. Capire quale parte agisca per prima non è cosa semplice (è l’intestino che crea un disagio emotivo, o è il cervello che ripercuote le proprie tensioni non elaborate sull’intestino?) e dipende dalla storia e dal vissuto personale di ogni individuo. L’importante è però essere consapevoli di questa costante comunicazione che avviene tra pancia e cervello, quindi sapere che la cura di un sistema si ripercuote anche sull’altro e che l’azione su entrambi facilita la soluzione di alcune problematiche che ostacolano il benessere. 
Quindi la mente (intesa come sede di elaborazione di emozioni), così come può causare, a volte,  qualche disturbo intestinale (ad esempio colite, stipsi) così può anche favorirne la risoluzione, se abbinata ad un trattamento medico. 
A volte nel caso di persone affette da colite c’è la tendenza a non manifestare apertamente la propria aggressività e ad essere eccessivamente rispettosi e ad attivare comportamenti positivi. Si nota a volte anche un’eccessiva dedizione al lavoro, una iper-attività lavorativa che però la persona tende a nascondere con un’apparente tranquillità (calma esterna contro agitazione interna). Da ricordare che lo stress è annoverato tra le cause maggiori dei sintomi psicosomatici. 
Nel caso della stipsi la tendenza a volte è quella di trattenere ciò che non si vuole fare emergere di sé (pensieri, desideri, emozioni ritenute “sbagliate” e quindi che devono essere “trattenute” e rimuginate). Mentre nel caso di diarrea cronica il problema può essere associato ad una aggressività non espressa, ad un “eliminare” velocemente ciò che non può essere elaborato. Tipici sono i casi di alternanza tra questi due sintomi. 
In questa direzione l’approccio psicosomatico ai problemi intestinali può essere utile per ristabilire e ri-equilibrare la comunicazione tra mente e corpo (pancia), cercando di fare emergere con le parole ciò che il corpo a volte comunica con i sintomi. 
Nello stesso tempo l’approccio psicosomatico può essere utile in quanto supporta l’approccio medico sostenendo la persona nel suo cammino verso la guarigione. 

"Spesso si sente dire che la vita è come un viaggio. Infatti in alcuni momenti ci viene chiesto di fermarci e riflettere sulla meta che vogliamo raggiungere. La malattia può essere vista come una stazione grazie alla quale riposarci, ripensarci e guardarci intorno per vedere e capire se effettivamente quella meta che avevamo in passato scelto (o che ci è stata imposta) è ancora ciò che vogliamo raggiungere o invece è giunto il momento di cambiare treno".